Assolti i 4 'capitani' dal Sudan e dal Ciad dopo 17 mesi di ingiusta detenzione
Il Tribunale di Napoli assolve quattro rifugiati accusati di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. Un punto di svolta nella lotta contro la criminalizzazione della migrazione.
COMUNICATO STAMPA
Oggi il Tribunale di Napoli in composizione collegiale ha assolto dall’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare quattro rifugiati, quattro “capitani”, provenienti dal Sudan e dal Ciad.
Ci sono voluti oltre 17 mesi di detenzione cautelare, dopo l’arresto al porto di Napoli del luglio 2024, per dimostrare che i quattro imputati hanno agito in stato di necessità.
Dall’inizio del loro percorso di salvezza, hanno conosciuto sofferenze e torture e soprattutto carcere. Fatti emersi e documentati durante l’intera istruttoria dibattimentale.
Detenuti in Sudan, perché non volevano arruolarsi come soldati bambini, detenuti e torturati in Libia, hanno attraversato il mar Mediterraneo e dopo essere riusciti a sopravvivere in questo luogo di morte per tantissimi profughi, sono sbarcati in Italia, conoscendo solo il carcere di Poggioreale.
Un punto di arresto nella criminalizzazione della migrazione
L’accusa di favoreggiamento, grimaldello utilizzato per reprimere il fenomeno dell’immigrazione irregolare conosce oggi un punto di arresto. In un Paese che ha fatto dell’immigrazione il punto più vergognoso di calcolo politico, criminalizzando migranti, rifugiati e attivisti che salvano vite nel mediterraneo, l’assoluzione di oggi indica in modo chiaro che gli oltre 1300 detenuti nelle carceri sono solo il frutto della repressioni della libertà di movimento e la conseguenza dell’inevitabile esito di politiche repressive e di criminalizzazione, in cui la storia delle persone coinvolte, diventa il sottofondo assordante di chi grida solo all’invasore.
Un’indagine piena di falle, molto spesso frutto di un paradigma accusatorio per cui chi guida perde il proprio percorso individuale, per finire strumento e capro espiatorio di politiche criminali sui confini.
Il riconoscimento dello stato di necessità
La logica del diritto penale, applicata in modo acritico ai fenomeni migratori, ha finito per diventare una “calotta interpretativa” della realtà, che ha impedito di vedere la complessità delle cause strutturali della migrazione.
Il riconoscimento dello stato di necessità in questa vicenda giudiziaria, rappresenta il punto di svolta per superare l’utilizzo di questo reato per colpire la libertà: libertà di scegliere il proprio destino e la libertà di movimento.
Firmatari del comunicato:
- ASGI Campania
- Clinica legale dell’immigrazione e della cittadinanza di Roma
- Clinica Sociologico-giuridica dell’Università di Parma
- Mediterranea Saving Humans